martedì 22 maggio 2007

Il Recoba degli anni '70

di FIORENZO BAINI

E’ bello ora, dopo lo scudetto, rievocare per un tifoso dell’Inter che abbia diciotto anni oggi, diventato interista magari quando venne acquistato Ronaldo, abituato alle faraoniche campagne acquisti di Moratti un passato della squadra identico a quello che noi abbiamo con le guerre puniche; qualcosa di remoto, astratto, forse inconcepibile. Eppure ci fu un anno in cui l’Inter acquistò un solo, di numero, giocatore a luglio, dalla Massese in C, non da una squadra di serie A . Quell’anno fu il 1974 e nessuno, dico nessuno, conosceva chi fosse mai questo Franco Cerilli. L’aver incassato la cosa mugugnando ma senza troppi problemi, forse perché non c’erano processi e inchieste mediatiche, è la spia di quanto fosse diverso il mondo. Proviamo a immaginare Moratti, ma anche Berlusconi, Cairo, Sensi o la nuova dirigenza juve che l’anno prossimo rinforzino la squadra con un giocatore di squadra equivalente, per esempio il fantasista del Qyzylqum Zarafshan che milita senza infamia e senza lode nel campionato uzbeko. Ci sarebbe la rivolta degli sponsor, un gossip sportivo assolutamente demolitorio, si penserebbero chissà quali retroscena di collassi finanziari imminenti, infine i tifosi entrerebbero in contestazione e questo indipendentemente dal valore del calciatore.

Il mondo era così diverso che questo Cerilli, quando iniziò il campionato, volevamo assolutamente vederlo però non giocava mai. L’organo ufficiale dell’Inter lo spacciava come un piccolo genio.

Piccolo non era propriamente, un normale 1,74 ma appariva ancora più minuto per le gambette corte, anche se sode e il baricentro basso. A dare l’idea del genio c’era il suo portare i calzettoni abbassati e considerando che ogni interista in quegli anni era ancora orfano di Corso, la scelta di questo look significava un chiaro collegamento al “mancino divino”.

Esordì per una manciata di minuti, come misura forse di disperazione, durante un Juve Inter, a girone d’andata ben inoltrato che l’Inter perse per uno a zero e di cui ricordo solo una mostruosa parata di Bordon su Bettega; di Cerilli assolutamente nulla e ancora una volta proviamo a immaginare un esordio assolutamente dimenticabile dell’ipotetico fantasista uzbeko ai giorni nostri; all’Inter avrebbe incrementato in maniera esponenziale le barzellette, fosse nella Roma le radio spellerebbero vivi allenatore e dirigenza.

Invece, ai tempi, il prosieguo di quel campionato fu così mediocre che, ad un certo punto, si invocava Cerilli come il demiurgo necessario e finalmente alla quinta del girone di ritorno contro la Lazio campione, Cerilli potè disputare la sua prima partita dall’inizio. Fu un’apoteosi; raramente ho visto l’Inter giocare così bene, il centrocampo sembrava un orologio svizzero, nel ricordo Adriano Fedele sembrava il Roberto Carlos degli anni migliori anzi di più, perché dava pure una mano consistente in difesa; Giorgio Mariani, per una volta, non era Giorgio Mariani ma Luis Figo, anzi di più, più mobile, più deciso nei contrasti ma soprattutto c’era Cerilli: non sprecava un pallone, ogni dribbling era azzeccato, ogni passaggio illuminante; diciamolo, anche come mancino, sembrava il mitico Mariolino. Gli mancò solo il gol ma forse perché il portiere laziale, che pure ne incassò tre, fece un partitone togliendo dalla rete almeno altre cinque reti sicure. Era nata una stella? No, perché riproposto la domenica seguente nel derby franò con tutta la squadra.

Giocando a spizzichi altre partite mostrò bei lampi di classe ma mai con la continuità dimostrata con la Lazio. Ad ogni buon conto era il tipico giocatore che il tifoso ama perché qualcosa di prezioso sapeva inventare. L’unico gol che, mi ricordi, abbia realizzato con l’Inter dice tutto di lui: fu all’Olimpico con la Roma il campionato 75/76; lancio in diagonale sul filo del fuorigioco, Cerilli addomestica la palla di petto, pallonetto sul portiere e infine la deposita di testa nella porta vuota. Ma nell’Inter pretesa stellare dell’anno seguente per lui non ci fu più posto e come Moro, dopo l’Inter, diventò la stella del Verona e dell’Ascoli, Cerilli diventò l’assist man del Vicenza dei miracoli, quello che faceva divertire la gente. A Milano è stato presto dimenticato, anche perché ormai giungeva Beccalossi, l’unico in cui i tifosi avessero riconosciuto l’erede di Corso.

Talento incompiuto nell’Inter, Cerilli è stato una specie di Recoba degli anni 70 ma, purtroppo per lui, senza un Moratti alle spalle.

IN ESCLUSIVA PER "IL RESTO DEL PALLONE"

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