di FIORENZO BAINI
Tra le notizie più comiche degli ultimi tempi c’è, indubbiamente, quella che vieta di giocare in altitudine le partite di calcio. E’ chiaro, viste le minacce di ritirare dalle competizioni le nazionali interessate cioè Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù, che alla fine tutto si risolverà nella classica bolla di sapone. Si sono addotte motivazioni di tipo medico ma la cosa può solo far ridere pensando che la stessa FIFA non ebbe remore per i soliti, maledetti, motivi televisivi, a far disputare in condizioni allucinanti i mondiali 94. Per chi avesse la memoria corta ricordo un Olanda Marocco disputato in Florida con 47 gradi.
Non voglio immaginare cosa ci stia dietro, forse tutto, forse è stato solo un attacco di stupidità però, nel frattempo, io penso che sia assolutamente logico che il più debole abbia il diritto di sfruttare tutti gli escamotages leciti per provare a prevalere su chi è più forte. Il calcio, per sua natura, non poteva proliferare e creare grandi squadre se non in zone temperate; la sua culla naturale non poteva dunque che essere l’Europa e nel Sudamerica all’interno di quelle aree che godessero di un clima accettabile; nel Brasile, per esempio, non poteva certo esplodere nella capitale dell’Amazzonia ma a Rio mentre Argentina e Uruguay, dal clima simile a quello europeo, erano sicuramente avvantaggiate per farlo partire rispetto, per esempio, al clima umido subtropicale del Venezuela.
Tuttavia, alla fine, il calcio è diventato fenomeno planetario anche nelle aree dove, climaticamente, le condizioni non erano ottimali ma se, a tutto ciò, aggiungiamo che esistono anche le differenze morfologiche tra le varie razze ne consegue che non potremo pretendere dai calciatori andini la fisicità degli africani o dei nordeuropei o il ritmo forsennato che possono tenere i coreani. L’unica conclusione possibile è che, ad armi pari, non ci sarà mai concorrenza e allora, ripeto, occorre aiutarsi se la natura ne offre la possibilità.
Come certe volte si bagna il campo per mettere in difficoltà l’avversario così è successo un’infinità di volte che il fattore climatico è stato usato per portare la sorte dalla propria parte e nessuno ha avuto nulla da dire. Per fare un esempio recente: l’Italia ha disputato la partita di spareggio per andare ai mondiali
Per fare un esempio lontano raccontatomi da mio papà buonanima: l’Italia, per andare ai mondiali del 1954, dovette vedersela con l’Egitto in una partita decisiva. Ora non oso pensare che razza di nazionale fosse quella egiziana di cinquantatre anni fa ma, al posto di giocare, che so, a Palermo per essere più sicuri di vincere, li facemmo arrivare a giocare a Milano il 24 gennaio con una temperatura polare. I poveri egiziani persero cinque a uno e giocarono il secondo tempo in uno stato di progressivo assideramento, tant’è che incassarono quattro dei cinque gol.
In conclusione poi, siamo proprio certi che, vietando le partite in altitudine, non si cada dalla padella nella brace? I dirigenti calcistici spesso brillano per ignoranza perché non si può ignorare, per esempio, che se l’Ecuador volesse giocare a Guayaquil o
IN ESCLUSIVA PER "IL RESTO DEL PALLONE"
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